Spagna, Miguel Induráin su Juan Ayuso e Carlos Rodríguez: “Sono fra i 10 migliori al mondo, ma oggi se non vinci non sei molto considerato”
In Spagna si interrogano ormai da tempo: quando torneremo a vincere un Grande Giro? I tifosi iberici non celebrano il successo di un loro beniamino dal 2015, quando Alberto Contador vinse il Giro d’Italia. Proprio Contador, che verrà celebrato nei prossimi mesi lungo le strade della Corsa Rosa, è anche l’ultimo spagnolo ad essersi portato a casa i trofei riservati al vincitore del Tour de France e della Vuelta a España. Prima del “Pistolero”, comunque, la Spagna aveva potuto godersi anche i successi di Miguel Induráin, che in carriera è stato capace di imporsi in cinque Tour de France e in due Giri d’Italia.
Il navarro, che ha da poco compiuto 60 anni, è una voce ancora molto ascoltata nel mondo del ciclismo e recentemente si è espresso sulla situazione spagnola: “Ci sono Juan Ayuso e Carlos Rodríguez, che ormai sono al massimo livello – le parole di Induráin in un’intervista concessa a Marca – Sono giovani, ma vanno fortissimo. Stanno ancora crescendo, ma penso siano già fra i migliori 10 al mondo. Prima, essere fra i primi 10 valeva molto, ma oggi o vinci o non vieni considerato granché. Bisogna però apprezzare che Juan e Carlos sono fra i favoriti delle gare a cui vanno: sono ragazzi che lottano per la vittoria e di questo gli va dato sicuramente merito”.
In termini generali, quando arriverà una nuova grande vittoria spagnola? “Non lo so – la risposta del navarro – Ci sono rivali molto forti in questo periodo, ma mi aspetto che questo successo non tardi troppo ad arrivare. Abbiamo buoni corridori, anche se probabilmente ci manca un finalizzatore. Vincere, nel ciclismo, è sempre difficile”.
Induráin parla anche della tendenza che vede ragazzi sempre più giovani affacciarsi nel professionismo, come nel caso di Pablo Torres, altra speranza spagnola, promosso nella squadra maggiore della UAE Emirates XRG a 19 anni: “Sarei riuscito a reggere un eventuale salto a 18 anni? Il ciclismo è sempre stato uno sport duro: era duro prima, è duro adesso e sempre lo sarà. È uno sport per pochi. È difficile e ha con sé anche quella percentuale di rischio che sai che devi sempre portarti dietro. È cambiata l’alimentazione e sono cambiati i metodi di allenamento. Ma tutto evolve, e bisogna tenere il passo”.
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